di Carlo Bellavite Pellegrini e Marco Seracini, rispettivamente Coordinatore e membro del Comitato Scientifico di Assobenefit.
Articolo pubblicato il 14 ottobre 2020 su Milano Finanza.
«Prescindendo dall’interessante e mai sopito dibattito sulla natura, la funzione e la valutazione dei risultati conseguiti delle società a controllo pubblico, resta il fatto che l’interesse pubblico e l’utilità sociale rappresentano i cardini dell’imprenditoria pubblica. In questo contesto si inseriscono in modo del tutto coerente le Società Benefit introdotte in Italia dalla Legge Finanziaria 2016 (Legge 208/2015), che presentano la peculiarità di coniugare un duplice scopo: massimizzare il valore corrente del capitale economico dell’impresa e dedicare specifica attenzione a una specifica o a più categorie di stakeholder. La Società Benefit non è una nuova tipologia di società, ma è uno status giuridico, statutariamente sancito, di aziende che vogliano andare oltre l’obiettivo del «profitto» al fine di perseguire, in modo strutturato, duraturo e trasparente, impatti positivi su diverse categorie di stakeholder: lavoratori, comunità, territori, ambiente, attività culturali e sociali, enti e associazioni. È quindi evidente come le public utility, e in particolare le aziende a controllo pubblico, che assieme al tradizionale obiettivo del profitto (rectius: di sostenibilità economica e finanziaria) hanno quello di garantire ai cittadini un’utilità sociale, siano già ontologicamente «benefit oriented» e, quindi, pronte ad assumere la veste di Società Benefit. […]»